La costruzione del team passa dalla scelta delle persone giuste nel posto giusto, dalla condivisione delle strategie e della definizione degli obiettivi. Nel business moderno, le attività di team building rappresentano una delle colonne portanti della crescita aziendale.
Ogni azienda ed ogni leader oggi deve svolgere attività di team building e direzionare le proprie energie e risorse verso la crescita dei propri collaboratori, per migliorarne performance, motivazione, qualità e quantità di obiettivi realizzati.
Cosa non funziona? Perché è così difficile lavorare in team?
Qual è il primo passo verso la costruzione di un team efficace?
Innanzitutto bisogna fare chiarezza. C’è una gran confusione in merito a ciò che significa “lavorare in team”, che non è affatto sinonimo di “collaborare” o “lavorare in gruppo”.
Spesso persone che lavorano insieme non hanno le caratteristiche e i comportamenti dei membri di una squadra. Ne consegue che la prima differenza che bisogna fare è quella tra gruppo e team.
Il gruppo è formato da individui con caratteristiche simili a cui è stato assegnato un obiettivo da conseguire in un tempo determinato fondamentalmente attraverso le loro skill tecnico-professionali.
Questa è la struttura più diffusa nella maggior parte delle aziende. E poi c’è il team, formato da individui con caratteristiche complementari e responsabilità intese e condivise che lavorano sinergicamente.
Perché nelle aziende ci sono tanti “gruppi o gruppetti” e pochi “team”?
La costruzione di un team realmente efficace è un processo lungo. Bisogna dedicare tempo alla squadra per fare squadra e questo tempo viene inevitabilmente sottratto alla produttività aziendale.
Una delle fasi fondamentali per la costruzione di team super performanti è la fase dedicata alle persone: chi sono i membri, chi è il leader, quali sono le skill individuali, qual è la mission della squadra, ecc.
Ma questo essendo un tempo di coltivazione e non un tempo di raccolta, molto spesso viene vissuto dall’imprenditore come uno spreco di tempo e non come un reale nucleo potente di creazione del team.
È come avere una squadra di calcio e chiedere ai ragazzi di dedicarsi esclusivamente ad attività di potenziamento fisico e di non toccare la palla per un certo periodo: a loro sembrerà di non allenarsi affatto.
Perché le aziende dovrebbero intraprendere questo processo “di coltivazione”?
Perché, di fatto, la percezione di non produzione è solo iniziale. Terminata la fase di storming – dopo che i membri del team hanno capito quali sono i rispettivi punti di forza e di debolezza, hanno interiorizzato la mission della squadra e hanno compreso il modo in cui il team leader li guiderà verso l’obiettivo – allora si assisterà a un reale aumento della produttività, di concentrazione, di performance ultra produttive.
Questo aumento non è soltanto strettamente quantitativo (prima il gruppo produceva 10, ora il team produce 20), ma anche e soprattutto qualitativo. I componenti della squadra lavorano meglio e di più, faticando di meno, con conseguente incremento della creatività e dell’attenzione e riduzione dello stress.
In questa situazione ideale si sviluppa un concetto fondamentale per il teamwork: la sensazione di team, quella sensazione di essere parte di un team di successo.
Sentirsi parte di un team, vuol dire poter essere liberi di esprimere il proprio parere senza temere il giudizio dei pari o del leader. Significa anche lavorare con serenità anche nei momenti più difficili, poter sempre contare sugli altri nei rispettivi ambiti di competenza. Tutte le aziende oggi puntano a far raggiungere ai propri collaboratori la condizione di feeling team perché sono consapevoli dell’impatto positivo che ha sulle loro performance.
Come si inizia a costruire concretamente un team ultra performante?
La costruzione di un team parte dalla profilazione generale di ciascuno dei suoi membri. Si parte dall’analisi approfondita delle loro competenze tecniche, della loro personalità, dei loro interessi, delle loro capacità relazionali, dei loro punti di forza e di debolezza.
Le aziende tendono a non dare importanza a questo genere di cose, purtroppo, e considerano prioritarie esclusivamente le hard skill, in quanto più semplici da misurare e valutare perché più oggettive e concrete.
Le soft skill, al contrario, danno l’impressione di essere più sfuggevoli e difficili da quantificare.
Per operare al massimo come team è fondamentale che tutti i membri della squadra e il team leader possano conoscere i punti di forza e di debolezza dei colleghi. Questo serve per sapere quali sono i rispettivi ambiti di competenza e dove, invece, è necessario colmare eventuali lacune.
Grazie alla condivisione, i membri del team portano il loro io allo scoperto senza vergognarsene ed avranno la giusta consapevolezza per operare al meglio in determinate aree e potranno invece contare sull’esperienza e le qualità degli altri per quello che non gli riesce bene.
Cosa serve ancora per creare un team super performante?
Il nostro cervello è estremamente pigro e ci porta a legare con individui simili a noi per non dover fare lo sforzo di comprendere e accettare chi è diverso.
Per accogliere la complementarietà e la differenza bisogna sviluppare una nuova consapevolezza che sia una sorta di lasciapassare che comunica alla nostra mente che “essere diversi va bene”.
Si arriva quindi ad accettare il prossimo per le sue capacità e a mettere in atto le proprie con la consapevolezza di essere importanti per il team. Viene meno la sensazione di essere sfruttati, perché ognuno contribuisce come può e come sa fare meglio. Quando scatta questa nuova consapevolezza di integrazione, rispetto della diversità e valorizzazione delle caratteristiche reciproche, sappiamo che quello specifico compito spetta a noi svolgerlo perché siamo in grado di farli ed altri saranno svolti da chi è più adatto a farlo. Ma tutto questo accade con la massima chiarezza e consapevolezza del valore reciproco.
Che ruolo gioca il team leader in tutto questo?
La squadra dipende fortemente dal suo leader, soprattutto nelle prime fasi della costruzione.
Il leader è innanzitutto colui che sa riconoscere i punti di forza e di debolezza dei singoli componenti. Ha quindi un buon background di conoscenze in merito agli strumenti e ai processi di profilazione per poter assegnare compiti e responsabilità in modo personalizzato ed equo.
Inoltre, il leader deve essere in grado di adeguare il proprio stile di leadership alla situazione. Deve comprendere i momenti che la squadra sta vivendo e le diverse persone con cui ha a che fare. Non può comportarsi con chi ha bisogno di più motivazione come si comporta con chi necessita di più direttive. Allo stesso modo non può guidare il team in un momento di grande successo nello stesso modo in cui lo guida in una fase di estrema difficoltà.
La formazione delle capacità di leadership rappresenta quindi un’altra sfida importante per tutti i settori.
Alle aziende che desiderano aumentare performance e produttività senza poter incrementare il numero delle risorse suggerisco di rinunciare alla superficialità. Devono conoscere in profondità le proprie risorse e costruire con loro il progetto che determinare i successi personali e collettivi dell’azienda. L’obiettivo è capire se l’assegnazione di compiti e ruoli sta avvenendo in modo corretto, cioè in armonia con le caratteristiche e le attitudini dei singoli.
Quando siamo in grado di assegnare ruoli e compiti a persone che sono formati per svolgerli al meglio l’effetto di alta motivazione ed alte performance faranno la fortuna di ogni azienda senza possibilità di errore.
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